CAGGIANO NESTORE 1984 - Pietro Giambelluca scultore - PIGIA

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CAGGIANO NESTORE 1984

RECENSIONI

"MOSTRA PERSONALE DI BRONZI SBALZI E GRAFICA”
Catalogo delle opere
Presentazione di NESTORE CAGGIANO
Latina 1984


A chiusura della mattanza livornese - sponsorizzata prima e dopo gli scalpelli tipo Modì - la credibilità viene posta sullo scivolo per lanterne e lucciole.
Una firma in calce. Sgrana la presentazione. Che cosa ne rimane? La voce a braccio sul ponte dell’interrogativo. L’occhio in galleria analizza lo spazio motivandone pareri e qualitari confronti non fuorviabili dalle frasi più volte al servizio di operazioni ambigue.
Pietro Giambelluca. Qui le sculture non sono condizionate dall’artrosi deformante gli oggetti rivisitati. Solitudine di perfezione formale e presenza carica di suggestioni, di energie e tensioni figurative; rapide correlazioni nelle fisionomie delle leghe. L’estetica è parte integrante della quotidianità giambellucana.
Bronzi, sbalzi in rame: sensibilità materica nella dinamica creativa; grafica: scalpitanti graffi di forza nei silenzi degli studi prima della fusione. Niente rigetto plastico per l’intarsio modellativo.
Leggiadra la figura coniuga la donna; caratteriali unghiate individualizzano il disegno amico a vivere uomo; lamine in fiorite di uccelli a raggiera; rilievi muscolosi di tori e di cavalli in campo.
Esclamativo. Qui lo spazio culturale non ha cambio d’arte ed è piacevole insegnamento.
Ho in fitto la mia casa, la strada, l’aria frusinate. Numero 13. Grazie ad un amatore, non smarrito per gli incerti moduli della toponomastica, la strada si chiama Dante Alighieri. L’aria è del capoluogo: liscia? Gassata? No. Palazzinara.
Lo studio di Pietro Giambelluca è al 37 della mia strada in locazione ed ecco, quindi, il motivo del preludio domestico. Per una tazzina di caffè. Pochi scalini.
La gioiosa meraviglia schiara la festività dello sguardo a trovare la tattile presenza dell’impianto materico: disegno biologico emozionato dall’istinto o dalla ragione, vulcanizzato dalla sicilianità nei tagli.
Nella sua seconda nascita il concepimento strutturale dell’oggetto conserva le membrane degli incontri non clichettati dalla fotoplastica.
Bronzi, calchi, sbalzi di rame, terre, cere, abbozzi, fogli, legni e gessi sono creativi dell’inquieta serenante arte scultorea di Giambelluca, una faccia antica, ossuta, direi rosa bianca pietra pomice scagliata nel vento e solare ai celesti bottoni dello sguardo felino. Non incontro la ribellione alla forma classica, ma la revisione dei temi desunti dalla quotidianità tradotta in espressione dimensionale dell’immagine sostituita del corpo stesso del rappresentato.
Per le stanze la fantasia corre ai tori, ai cavalli scalpitanti, al piacere dei sensi, all’intimità dei trapassati, alla coniugazione della preghiera figurativa: sempre la fluidità della lega metallica si plasma ai dettagli del modellato. Ed è ritmico polso d’arte.
La soavità dell’adolescente che si sfarfalla il costume da bagno non è altro che la visiva trasposizione vivaldiana della primavera, rondinata nel sensuale inno alla vita ed in vergine attesa nell’aurato bronzo.
La ritrattistica, il tema sacro e patriottico, i riconosciuti profili oltre il calendario qualificato la toccata dinamica sofferta di Giambelluca come le preziose fughe di forze equilibrate ed esuberanti lungo la memoria della Magnagrecia (amazzoni e cavalieri).
L’appassionata metamorfosi di Leda ed il Cigno, le volute giostrose della sopravvivenza, l’uomo che s’incrista e la Madre-Madonna simmetrizzano la massa spettacolo. Anche il profano nell’esplosione di spazi è religioso.
Non sono per l’abbandono delle tecniche e dei materiali né per la trasmutazione strutturale che sgrazia l’oggetto, quindi non sono dissidente alle forme (astratte e reali) di Pietro Giambelluca, concerti volumetrici alla visione plastica.
La Ciociaria ha di questi studi ed è cultura. L’aria del continente lo isola in mareggiate creative.
Mi appartengono la casa in fitto, la strada e la gioiosa meraviglia dopo l’assaggio d’arte al numero 37 di via Dante Alighieri in Frosinone, per nostra fortuna, non tutta palazzinara.
           
                          
NESTORE CAGGIANO


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