BEVACQUA LUIGI 2012 - Pietro Giambelluca scultore - PIGIA

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BEVACQUA LUIGI 2012

RECENSIONI

"BRONZI - SBALZI E GRAFICA"
di Pietro Giambelluca
Mostra nei locali della Parrocchia di San Pasquale Baylon
di Villaricca (Na)
(dal 10 al 18 maggio 1992)

Pietro Giambelluca, noto scultore d’Isnello, trapiantato da più di trenta anni in Ciociaria, ha aderito all’invito di Padre Alfonso Ricci di esporre alcune sue opere in bronzo, di ispirazione sacra e profana, a Villaricca, nei locali della Parrocchia di San Pasquale Baylon.
La mostra rientra nel programma delle molteplici attività socio-culturali promosse dal Comitato festeggiamenti per onorare il Patrono San Pasquale nel IV centenario della Sua morte.
Senza dubbio l’avvenimento rappresenta un importante momento culturale per i parrocchiani che potranno ammirare, per pochi giorni (dal 10 al 18 maggio), una serie di eccezionali sculture, appartenenti a periodi diversi, a testimonianza del talento dell’artista.
Le opere esposte, d’altra parte, rappresentano soltanto un “tassello” della vasta produzione artistica del Maestro: l’amore, la passione, la predisposizione naturale di Giambelluca per la difficile arte del modellare risale agli ormai lontani e sereni anni dell’infanzia, quando ad Isnello, nella ricorrenza del Santo Natale, i Suoi concittadini ed il Parroco, confidando nella Sua abilità, gli affidavano l’incarico di modellare i pastorelli del Presepe.
Una vita, dunque, vissuta, fino ad oggi, alla ricerca costante della sintesi espressiva e nel tormento di pervenire ad un linguaggio proprio; una vita tutta protesa ad esaltare i valori universali dei quali si avverte, oggi più che mai, la necessità della presenza in ogni manifestazione dell’attività umana, primi fra tutti la religiosità, peraltro innata nell’essere umano, l’amore per la natura, il rispetto per le tradizioni e l’attaccamento alle proprie radici.
Questi, dunque, i temi predominanti nell’arte di Giambelluca, ricorrenti nelle opere più significative.
Si citano, ad esempio, i numerosi monumenti collocati in Ciociaria ed in Sicilia e, tra i più recenti, il monumento realizzato ad Isnello in omaggio alla Madre Madonita, il monumento a Padre Pio a Frosinone (è stato inaugurato l’anno scorso), il monumento a San Francesco Saverio Bianchi nella città di Arpino, il monumento ai Caduti di tutte le guerre ad Alvito, il monumento all’interno della Chiesa di San Michele Arcangelo di Boville Ernica, i maestosi Crocifissi collocati, rispettivamente, nella Chiesa di San Paolo Apostolo di Piano Zucchi, in Sicilia, e nell’Abbazia di San Rocco di Ceprano e, per finire, l’immagine sacra di San Pasquale Baylon a Villaricca, da cui traspare un accentuato misticismo, un’avvincente e profonda spiritualità.
È d’obbligo, inoltre, citare i recenti ritratti di Sua madre e del Cardinale Pappalardo, nonché il suo autoritratto a cavallo.
Tutte opere che, pur esprimendo contenuti diversi, riportano ad un solo filo conduttore: il ricorso alla tradizione classica (raramente Giambelluca ricorre alla forma astratteggiante), con forti richiami alle espressioni più genuine della Sua terra natia (Sicilia) e alle espressioni più alte, recenti e remote, dell’arte scultorea.
Il successo, meritato, dell’Artista, presso collezionisti, Enti Pubblici e privati, non deriva dalla sponsorizzazione dei critici “ufficiali” a cui, oggi, la maggior parte degli artisti si affida per la divulgazione della propria immagine o dalla invadente pubblicizzazione delle proprie opere sulle riviste specializzate d’arte, ma è frutto della riconosciuta validità della Sua opera che si impone da sé.
Giambelluca, infatti, disdegna di entrare a far parte di un circuito commerciale, fatto di commissioni a contratto: modella quando ne ha voglia, senza condizionamenti esteriori, per soddisfare, innanzitutto, una Sua esigenza interiore, anche perché è fermamente convinto che soltanto le generazioni future saranno in grado di esprimere un giudizio sereno ed obbiettivo del Suo operato d’Artista.

         LUIGI BEVACQUA



“TERRITORI” rivista quadrimestrale
Anno XVIII maggio - dicembre 2011 n. 25
"Un ricordo dell'artista scomparso"
di LUIGI BEVACQUA


Da qualche mese il Maestro Pietro Giambelluca ha smesso serenamente di vivere, alla rispettabile età di 83 anni.
Nato ad lsnello, in provincia di Palermo, era “approdato” a Frosinone giovanissimo, appena ventenne, quando via Marittima, diceva, era ancora campagna. Oggi, in effetti, è “palazzinara”, come e più di via Dante Alighieri (v. in "autori Nestore Caggiano").
Trascorsi tanti anni da quel lontano 1950, Giambelluca si riteneva soddisfatto delle sue scelte, anche se avvertiva nostalgia della sua terra, “le Madonie”, dove aveva trascorso la sua irrequieta fanciullezza a contatto con la natura selvaggia e, soprattutto, con i cavalli della fattoria amministrata dal padre. L’amore, la passione, la predisposizione naturale di Giambelluca per la difficile arte del modellare risale agli anni lontani e sereni dell’infanzia, quando ad Isnello, nella ricorrenza del Natale, confidando nella sua precoce abilità, i suoi concittadini ed il parroco gli affidavano il difficile compito di modellare i pastorelli del Presepe.
Sinceramente, nei giorni successivi alla sua scomparsa si è avvertito un vuoto incolmabile e, confesso, da parte mia, tanta nostalgia del tempo trascorso nel suo studio di Via Dante Alighieri 37, dove mi ha sempre accolto con benevolenza e, confidando in un rapporto schietto, leale, mi ha sempre concesso di fare osservazioni, non sempre benevoli, sulle sue opere in gestazione. Nel momento in cui scrivo ho davanti a me una sua grafica del 1981 che ha voluto generosamente regalarmi a suggello della nostra amicizia.
Un’amicizia durata oltre trent’anni, alimentata dal reciproco interesse per l’arte e soprattutto dalla reciproca stima per il lavoro che ciascuno di noi andava svolgendo tra tante difficoltà, incomprensioni e spesso indifferenza da parte delle Istituzioni locali.
Negli ultimi tempi, avvilito per il suo stato di salute, avvertiva segni di cedimento e mi confidava: "voglio morire perché, impossibilitato a fare il mio lavoro, non riesco a vivere".
Per Giambelluca scolpire, vivere quotidianamente la tensione della creatività era vitale come l’aria, come il sole. Una vita, la sua, vissuta, con impegno e determinazione, alla ricerca costante di una sintesi espressiva e nel tormento di pervenire ad un linguaggio proprio, esclusivo; una vita tutta protesa ad esaltare i valori universali, dei quali si avverte, oggi più che mai, la necessità della presenza in ogni manifestazione dell’attività umana, primi fra tutti la religiosità, peraltro innata nell’essere umano, l’amore per la natura, il rispetto per le tradizioni e l’attaccamento alle proprie radici.
Livio Pezzato, in un catalogo degli anni ‘70, scrisse:
«Il lavoro di un artista come Giambelluca si dipana intorno a due temi, antichi ed attuali, scontati e sempre da scoprire, la vita e la natura.
La donna è la vita, la donna come madre, come humus, la donna di Neruda “...così il mio corpo di contadino selvaggio ti scava e fa balzare il figlio dal fondo della terra”. E la donna-madre di Giambelluca protegge il figlio in abbraccio, in carezza, in sogno che giorno per giorno s’invera.
I lineamenti della donna selvaggia che monta cavalli imbizzarriti si stemperano in dolcezza, ad avvolgere il figlio, a perpetuare nel tempo gli esemplari di una specie maledetta e divinizzata.
La donna è vita, i cavalli sono vita; ma essi sono anche natura vergine e dolcezza, rude e crudele, soleggiata o percossa dalle tempeste.
Per noi che abbiamo tradito la terra e che ora la amiamo con l’angoscia di un ritorno impossibile, il cavallo è un animale mitico, ombroso e mansueto, fedele ed orgoglioso. […] Coi muscoli contratti nello sforzo o distesi, pronti allo scatto, con le nari aperte a captare odori o sensazioni lontane, questi sono i mustangs della prateria del nuovo continente, sono i cavalli vita delle tribù berbere, sono gli agilissimi cavallini nuragici di “Sa Jara” di Gestori».
Questi, dunque, i temi predominanti nell’arte di Giambelluca, ricorrenti nelle opere più significative. Tra queste occorre citare alcune opere monumentali realizzate in Ciociaria ed in Sicilia e, tra le più recenti il monumento a Padre Pio e il monumento alla Dea Temi (dea della giustizia) a Frosinone, il monumento all’interno della Chiesa di San Michele Arcangelo di Boville Ernica, il monumento ad lsnello in omaggio alla Madre Madonita. Da ricordare, inoltre, i monumenti precedenti a San Francesco Saverio Bianchi, nella città di Arpino, e quello ai Caduti di tutte le guerre realizzato ad Alvito nel lontano 1967.
Ha profuso molto impegno nella realizzazione dei maestosi Crocifissi collocati nella Chiesa di S. Paolo apostolo di Piano Zucchi, Diocesi di Cefalù, nell’Abbazia di San Rocco di Ceprano e, ancora, nell’immagine sacra di S. Pasquale Baylon, collocata all’ingresso della Chiesa omonima di Villaricca, da cui traspare un accentuato misticismo, un’avvincente e profonda spiritualità. Meriterebbero una trattazione a parte la biblica porta del Santuario di S. Maria delle Grazie, realizzata ad Alia in provincia di Palermo, per il tema trattato e le difficoltà di esecuzione, e i bassorilievi che propongono l’ultima cena del Cristo Gesù, la Resurrezione del Signore e la Pentecoste dello Spirito, nell’Oratorio del SS.mo Sacramento a Cefalù. "Un’opera, questa di Giambelluca, che esalta con il pregio dell’arte la concezione teologica dei tre pannelli, che non sono genericamente "arte sacra" ma efficace "arte per la liturgia" (Don Crispino Valenziano)".
"L’artefice della - stele di Alvito - ha reinterpretato con linguaggio nuovo ed aderente il significato della guerra combattuta, una tragica somma di dolore e di sangue giustificabile solo quando è impegnata a difendere i valori imprescrittibili della libertà umana. Eloquente realtà cui si adeguano perfettamente tecnica e mezzi espressivi.
Un tentativo, dunque, ben riuscito di creazione plastica, condotto sul filo di una felice intuizione; nel sottinteso - e a garanzia dell’opera - che il vero dell’arte non va confuso con quello naturale e che la poesia che sale dal cuore non ha nulla in comune con la retorica provinciale o con l’accademia".
Così Luigi Alonzi negli anni ‘70; ma sono da citare, inoltre, il ritratto di sua madre, con il quale mi diceva di “colloquiare” quotidianamente, e il ritratto del Cardinale Pappalardo, arcivescovo di Palermo. Con il suo autoritratto a cavallo ha voluto poi esprimere tutta la sua sicilianità, a testimonianza indiscutibile del grande amore per le sue radici, per la sua terra, dalla quale le vicende della vita lo avevano allontanato. Tutte opere che, esprimendo contenuti diversi, riportano ad un solo filo conduttore: il ricorso alla tradizione classica (raramente Giambelluca ricorre alle forme astratte) con forti richiami alle espressioni più genuine della sua terra natia e alle espressioni più alte, recenti e remote dell’arte scultorea.
Nutriva, infatti, grande stima per il lavoro di Francesco Messina, lo scultore affascinato da Fidia e conosciuto dal gran pubblico per il suo cavallo morente davanti alla sede della Rai, in viale Mazzini a Roma, per la statua in bronzo di Pio XII in San Pietro e di Santa Caterina, in marmo di Carrara, all’inizio di via della Conciliazione, e per il quale la scultura “è un fatto naturale, come una pianta che deve nascere con semplicità dalla natura” (Franco Simongini -  Il Tempo anno XLIX n. 9, 10 - 01 - 1992). E ammirava moltissimo Emilio Greco di cui è ben noto il Museo nella città di Sabaudia.
Il monumento alla “Madre Madonita”, collocato sul viale Impellitteri di lsnello ed inaugurato il 2 Agosto 1987, rappresenta, a mio avviso, una delle opere più significative che Giambelluca abbia realizzato. Si tratta di un’opera di grande e raffinata bellezza; oserei dire sintesi dei valori assoluti e plastici cui possa aspirare un artista.
«La Madre Madonita sintetizza sul piano sociale e morale, con una inconfondibile tensione lirica, con una straordinaria carica di sacralità, le ansie, le pene, le speranze di riscatto e di crescita civile del nostro Circondario. A torso di un magnifico cavallo proteso verso la montagna che intravede, anche attraverso l’istituzione del parco, una prospettiva di rinascita, la Madre Madonita, col bambino in braccio, purissima nel profilo, trepida e forte al contempo nella sua espressione, simbolo di una secolare esperienza di vita e di un destino che non è di rassegnazione ma che invece si manifesta come perenne anelito di liberazione, guarda dritto e lontano verso un avvenire migliore. E’, questa, una riuscitissima scultura “laica”, ma animata da una profonda religiosità, sublimata da una spiritualità vibrante che si risolve in autentica, superiore poesia. Lì collocata, ai piedi, alle porte delle Madonie, è per la nostra gente testimonianza ed ammonimento, passato e futuro (Giuseppe Mogavero - Il Corriere delle Madonie, anno XXIV n. 8, settembre 1987)».
Il successo meritato dell’artista presso collezionisti, Enti pubblici e privati non deriva dalla sponsorizzazione dei critici di “grido”, di cui ha sempre diffidato e a cui, oggi, la maggior parte degli artisti ricorre e si affida, talora a pagamento, per la divulgazione della propria immagine sulle riviste specializzate di arte; ma ha voluto che fosse frutto della riconosciuta validità della sua opera che, sosteneva, se valida s’impone da sé.
Giambelluca ha sempre disdegnato di entrare a far parte di un circuito commerciale, fatto di commissioni a contratto. Diceva con tanta naturalezza: modello quando ne ho voglia (ed in lui era sempre costante!) senza condizionamenti esteriori, per soddisfare, innanzitutto, una mia esigenza interiore, anche perché sono fermamente convinto che soltanto le generazioni future saranno in grado di esprimere un giudizio sereno ed obbiettivo sul mio operato di artista.
Caro Giambelluca, come si fa a darti torto? Hai dimostrato di avere la vista lunga oltre che una genialità innata che hai saputo, con determinazione e fermezza, mettere a disposizione dell’umanità, senza troppi clamori, in punta di piedi e, direi, con una modestia che è propria degli uomini saggi.
    
       LUIGI BEVACQUA

      


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